Parco e museo vulcanologico di San Venanzo: ecco dove scoprire i vulcani dell’Umbria.
C’è un’area dell’Umbria, grande quanto un settimo della sua superficie totale, che è considerata protetta, in quanto parte di un geosito. E la sua storia, che pure è davvero millenaria, è stata scoperta solo da poco.
La scoperta dei vulcani dell’Umbria
Era infatti la fine dell’Ottocento quando ci si rese conto che la composizione di alcune rocce di quell’area presentava caratteristiche uniche, tanto da essere paragonabili solo a quelle presenti in altre due parti del mondo: in un’area della Russia e in un’altra compresa tra la Tanzania e l’Uganda. Ma non solo.
Sopra a quel deposito di rocce, di natura vulcanica, composte da lapilli e ceneri di vario tipo, c’era ormai anche un paese, San Venanzo, che visto dall’alto presenta per l’appunto una forma quasi ad anello, a ricordare il classico cono di un cratere vulcanico. Che risale, niente meno, che a 265.000 anni fa.
Poco distante, neanche un chilometro, c’è poi un altro cratere, a Pian di Celle, che presenta un’analoga colata lavica, della stessa composizione geologica e minerale. Nel 1985, infine, venne individuato un altro cratere, più piccolo, che ha portato a tre i vulcani chiaramente riconosciuti in questa parte di Umbria, vicina al confine con la Toscana.
Queste scoperte hanno attirato studiosi e curiosi da tutto il mondo, anche se il grande pubblico ignora questo ennesimo “tesoro” dell’Umbria. Da qui l’idea di creare un museo con un percorso in grado di collegare i tre siti in una rete che avrebbe una lunghezza di circa 5 chilometri.
Oggi, tuttavia, il cratere più ben visibile è quello di Pian di Celle, raggiungibile percorrendo un tracciato di circa 900 metri, situato all’interno di una vecchia cava, nella quale è possibile vedere una sezione della colata lavica.
Proprio questa “fetta” di terreno ha consentito di effettuate la scoperta di due minerali unici, scoperti qui in Umbria e non presenti in nessun’altra zona del mondo: l’Umbrianite e la Willendersonite, esposti nelle sale del museo.
Questa struttura è ospitata all’interno di palazzo Faina, famiglia che finanziò gli studi sulle rocce e donò al Comune l’edificio, che ogni anno è meta di tanti amanti del geoturismo e delle scolaresche, tanto che nel 2017 le visite hanno superato le 1500 unità, solo parlando degli alunni delle scuole.
Nel museo, gestito dall’associazione Gmp Gaia di Federico Famiani, esperto di paleontologia e di ambiente, oltre alla storia del luogo, consente di comprendere l’unicità dell’ambiente umbro e le sue caratteristiche tipiche.
Le caratteristiche del museo e del parco vulcanologico di San Venanzo
Dalla morfologia vulcanica perfettamente conservata, alla particolarità di trovare dei vulcani inseriti in un contesto caratterizzato da rocce marine sedimentarie. I vulcani di San Venanzo possono definirsi di tipo “stromboliano”, ossia caratterizzati da colate molto fluide e attività piroclastica non esplosiva.
Di grande interesse anche i resti degli animali rinvenuti nella breccia ossifera del monte Peglia, che ha restituito anche i cosiddetti “chopper”, manufatti tipici dell’Homo Erectus, che hanno consentito di comprendere meglio le evoluzioni del clima di questa parte dell’Italia centrale.
Il museo è visitabile in circa 45 minuti, approfittando della presenza delle guide in loco, mentre il percorso del parco si può fare comodamente in meno di un’ora, non necessitando di particolare abbigliamento o equipaggiamento tecnico.
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