Un nuovo concept che sposa prodotti tipici, antichi sapori e interpretazione creativa . E’ questo lo spirito portato avanti da Giacomo e Veronica Ramacci del ristorante l’Officina dei Sapori di Gubbio.
L’Officina dei Sapori di Gubbio apre le porte a un “Fine Dining” che all’interpretazione creativa della mano di Giacomo sposa la tradizione gastronomica umbra, quella a cui i due fratelli sono così legati da decidere di trasformarlo nel cuore pulsante di proposte innovative che poi sorprendono per la loro capacità di riportare alla mente dei commensali i ricordi delle tavole di un tempo.
E a chi umbro non è di far scoprire i veri sapori di questa terra attraverso piatti tanto geniali quanto veri. Giacomo e Veronica sono figli d’arte, cresciuti respirando la passione e il mestiere di papà Claudio, chef della Taverna del Lupo, da oltre cinquant’anni punto di riferimento dell’eccellenza della cucina umbra ed eugubina.
E se Giacomo quella passione l’ha ereditata ancora in fasce e nulla ha potuto distoglierlo dalla volontà di fare il cuoco, Veronica aveva deciso di intraprendere una strada diversa.
Ma l’amore che unisce due fratelli è una fortezza eterna, una spinta tanto potente da farla decidere senza indugi, nel 2015, di affiancare Giacomo nel disegno di apertura di un ristorante tutto loro.
Un progetto che all’inizio ha avuto come focus il racconto, alternativo e innovativo, della carne: un nuovo format con i primi maturatori a vista e tagli di carne pregiata proveniente da tutto il mondo. Ma la già forte voglia di Giacomo di dare espressione alla propria idea di cucina lo ha portato ad affiancare a questa proposta interpretazioni gourmet della tradizione territoriale.
L’Officina dei Sapori inizia così a far parlare di sé, mentre il giovane Ramacci continua a studiare e sperimentare; fino a oggi, momento di svolta che tiene ferma la concretezza delle proposte gastronomiche ma dà voce al desiderio di essere innovatori e anticipatori: piatti che divertono e incuriosiscono rivelando un’anima che vive dell’energia che solo la tradizione riesce a donare.
“Col tempo – racconta Veronica – abbiamo conquistato maggiore consapevolezza. Giacomo ha questa grande passione per la carne, ma negli anni ha maturato nuove tecniche e scoperto e riscoperto i prodotti del territorio. Ha ampliato la proposta di piatti, che poco a poco hanno quasi superato la richiesta di carne. E ci siamo accorti che l’ambiente dell’Officina, allora impostata come un’osteria chic, e la proposta di cucina non collimavano più”.
Per migliorare bisogna cambiare, ha detto qualcuno; ma in questo caso cambiare equivale anche al dare voce all’istinto e alla voglia di esprimere la propria personalità.
Non solo; Giacomo e Veronica hanno davvero dimostrato che se qualcosa lo vuoi devi lottare per prendertelo, senza paura. Così, a febbraio 2022 l’Officina dei Sapori di Gubbio ha onorato più che mai il suo nome, diventando la voce della reinterpretazione di sapori antichi, dell’amore per le proprie radici e della solidarietà territoriale.
Arredi ridisegnati con l’esclusivo coinvolgimento di fornitori e produttori locali a fare da elegante cornice a una proposta gastronomica che utilizza prevalentemente materia prima umbra.
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Giochi di curve e forme, luci soffuse, contrasti di oro, blu e bianco che si disegnano sullo sfondo delle pietre levigate di un antico palazzo nel cuore di Gubbio. Pura eleganza e calore. Ma bisogna sedersi al tavolo per comprendere davvero dove il matrimonio tra gourmet e tradizione, tra antico e moderno, si fa gioco da fuoriclasse.
A una prima lettura il menù pare quello di una trattoria locale: pollo arrosto, carne al sugo con polenta, lingua, pizzaiola… poi i piatti arrivano e mostrano tutt’altro altro, sia per aspetto che per tecnica, ma all’assaggio tornano a coinvolgere i sensi riportandoli alle proposte delle cucine di casa, delle tavole di famiglia.
Lo chef Giacomo: “Un menù che si basa sulle pietanze tipiche delle famiglie umbre”
Il come è presto detto. “Quando abbiamo riscritto il menù – spiegano Giacomo e Veronica – lo abbiamo pensato tutto richiamando alla memoria i piatti che cucinava la nonna, e quello che portavano in tavola i nostri genitori. Sono le portate che durante la settimana tutte le famiglie umbre mangiavano e mangiano: le seppie con i piselli, il pollo, la carne al sugo, gli gnocchi… Ma le abbiamo stravolte vestendole a nuovo, trasformando un primo in un secondo piatto, cambiando le consistenze, oppure giocando a nascondere per poi svelare”.
Una cucina di casa, ancorata alla tradizione umbra, vestita con abiti moderni che portano cuciti addosso il sorriso dei ricordi eugubini. Una versione divertente e creativa del cibarsi della memoria gastronomica di un luogo. Ordini il pollo arrosto e ti arriva un tortello. Vieni avvolto da un profumo travolgente di pollo e patate, quasi fossi in un girarrosto, e non capisci da dove l’aroma arrivi. Poi mordi il tortello ed ecco il pollo a fare capolino, avvolto da una spuma di patate.
Oppure seppie e piselli, che diventano un fusillo risottato con crema di piselli, ricoperto da un velo ricreato con la seppia. E ancora la polenta con la carne in umido, trasformata tanto da assumere le sembianze di groviera, ma di polenta, con dei Bon Bon di spuntature e salsiccia. Piatti con nomi noti da secoli che arrivano sotto forma di fattezze altre, ma che poi ti riportano davvero e di nuovo a profumi e sapori domestici ed antichi… ed è allora che tutto torna. Ecco il Fine Dining di casa tua, che tu sia umbro oppure no.
Una cucina della memoria che trasmette il calore della famiglia, ma che, al pari dell’ambiente che ti accoglie, è ritmo moderno di una canzone antica. Un po’ come le strutture metriche della tradizione poetica italiana che restano presenza fissa e base essenziale quanto necessaria di odi, liriche e infine di canzoni libere.
Quella dell’Officina dei Sapori di Gubbio è la lirica libera di Giacomo, con la sua cucina delle idee, e di Veronica, che in sala gioca anche ad abbinamenti stagionali di calici scelti tra gli scaffali della cantina a vista. E chissà quante rime di nuova scrittura attendono ancora Giacomo e Veronica, perché, dimenticavo, hanno soltanto 29 e 35anni.
Articolo a cura di Francesca Orlando con la collaborazione dell’ufficio stampa Legàmi Communication