L’Umbria è una delle regioni più piccole d’Italia con i suoi 8.456 Km2 ma è caratterizzata da una grande variabilità geologica, o geodiversità, che si traduce in una notevole complessità morfologica.
Questa complessità morfologica definisce la geodiversità che è diretta conseguenza della sua storia geologica ed evolutiva, traducendosi in una grande varietà di paesaggi disposti in un così piccolo spazio.
Diversi scienziati e studiosi hanno suddiviso ed individuato da Nord verso Sud specifiche “unità di paesaggio”:
- strutture calcaree dell’Appennino umbro marchigiano s.s.
- formazioni arenacee s.l. del preappennino e dell’area centrale.
- le valli, conche o zone depresse e/o ribassate che sono numerose nel territorio umbro .
- l’unità caratterizzata da rocce ignee, legate all’attività̀ dell’apparato vulcanico di Bolsena.
- L’area calanchiva fra Fabro e il basso Orvietano.
In realtà, il paesaggio in s.s. non è strettamente legato solo all’affioramento di rocce diverse, ma anche alle vicende geologiche che hanno interessato l’area e dato la prima connotazione topografica ed idrografica sui cui poi sono intervenuti, modificandola, gli agenti atmosferici e i diversi processi geologici successivi.
L’analisi del paesaggio
Il paesaggio non è quindi solo la sintesi degli elementi, naturali e umani, che compongono un territorio ma è l’istantanea di un insieme in continua evoluzione in cui questi elementi si rapportano l’uno all’altro secondo schemi variabili.
Il paesaggio racchiude in sé sia la storia naturale del territorio sia le vicende e la cultura delle genti che lo popolano e che lo hanno popolato.
Capire le forme del paesaggio, la distribuzione delle sue componenti e il rapporto che vige tra di esse equivale a dare un significato alle forme naturali e a vedere in che modo l’azione dell’uomo abbia modificato l’ambiente naturale e quindi, in sostanza, porta a comprendere perché il territorio ha l’aspetto che noi oggi osserviamo.
Al di là del fattore estetico, dunque, il paesaggio ha un suo preciso significato la cui comprensione è imprescindibile per valutare correttamente qualsiasi intervento sul territorio, conservativo o di sviluppo che sia.
Tant’è vero che spesso l’apparenza inganna e le interpretazioni possono essere diverse se non si analizzano tutti i fattori. Dire che un territorio ha bellezze paesaggistiche ormai scontate banalizza tutti gli aspetti sopra descritti e distoglie l’interesse da tutte quelle peculiarità che magari si nascondono in esso.
Da qui un’analisi delle leggende e delle errate conclusioni a cui si può giungere senza avere un quadro completo delle informazioni è un classico esempio di conclusione ambigua e non veritiera.
Diverse sono ad esempio le leggende che caratterizzano il nostro territorio umbro e marchigiano e che distolgono l’osservatore dalla reale origine e storia dei territori dando doppi significati ed origini, magari più suggestive della realtà ai non addetti ai lavori, ma sicuramente in tutti questi casi dobbiamo dire che fidarsi solo di un fattore inganna l’occhio e la mente.
Se si prende uno dei casi più diffusi di confusione c’è sicuramente la leggenda del Subasio.
Il caso del monte Subasio
Il Monte Subasio è una montagna del nostro Appennino e le sue rocce sono calcaree ricche di resti fossili, niente a che vedere con la lava! La presenza di vistose depressioni ellittiche (chiamate per la forma “Mortari” o “Fosse”) sull’area sommitale non è da attribuire a crateri di un antico vulcano spento, ma bensì di doline di origine carsica. Se ne contano a decine sulla vetta del Subasio ma anche sulle altre montagne appenniniche.
Stesso discorso per Monteluco di Spoleto (si hanno piani carsici e doline anche qui) o per il Monte Acuto di Umbertide (morfologia dovuta alla struttura geologica) solo per citarne alcuni.
Molto meno scenografico e suggestivo di un vulcano ma non per questo meno interessante. Pensare che queste enormi strutture a forma di imbuto sono state scavate dall’incessante azione delle acque della pioggia che interagiscono con le rocce ci fa capire come il tempo sia una dimensione davvero rilevante, sotto tutti i punti di vista.
Altra leggenda, che purtroppo è anche diffusa su diversi testi scolastici, è l’attribuire l’età delle montagne in base alla morfologia arrotondata. Tale forma del paesaggio è attribuita all’instancabile azione degli agenti atmosferici che modellano ed arrotondano i rilievi.
Tuttavia, vanno analizzati non solo il parametro superficiale ma anche altri fattori come il tipo di roccia e la forma della struttura tettonica e la storia geologica di un territorio.
Il Monte Subasio e il Monte Pennino (o i Monti Martani o il Serano – Brunette etc etc) si prestano molto bene all’analisi di questa forma del paesaggio.
Le nostre montagne dal punto di vista della struttura geologica sono il prodotto di tutti quei fenomeni geologici, che hanno tempi lunghissimi, e degli agenti atmosferici che le hanno modellate.
La geodiversità dell’Umbria: le rocce dell’Appennino
Le rocce dell’Appennino appartengono ad una delle 5 unità del paesaggio distinte per la nostra regione. Si tratta di rocce sedimentarie calcaree di origine marina che hanno subito diverse fasi che ne hanno modificato l’assetto rispetto a quando sono state deposte sul fondale marino. Durante una di queste fasi le rocce sono state soggette a compressione, ovvero si sono piegate e sollevate, dando origine ad una serie di pieghe che i geologi classificano in base alla roccia che si trova al nucleo della piega.
Le pieghe non sono altro che strutture che si formano a seguito della deformazione dei materiali geologici. È importante aggiungere che queste pieghe dei materiali non producono una frattura. Queste strutture geologiche si formano attraverso una deformazione plastica che si forma attraverso la pressione di alcune sollecitazioni tettoniche, sia di compressione che di espansione. Esistono diversi testi che trattano la classificazione delle pieghe in base alla morfologia. Molto interessante per comprendere la genesi di questi rilievi arrotondati è osservare anche la posizione degli strati (giacitura).
Molti rilievi appenninici se osservati da NW o da SE, secondo l’allineamento di queste pieghe, potremmo infatti vederle come una serie di vette parallele allungate in questa direzione detta dai tecnici appenninica.
Pieghe anticlinali come il M. Subasio, come il M. Pennino o i Monti Martani vengono definite anticlinali a scatola o BOX FOLD.
Monti come il Subasio, il Pennino ed i Martani hanno questo doppio allineamento di vette e creste che è imputabile ad una box fold. Non sempre però si verificano solo queste condizioni ma altri fattori geologici sono concausa di questa morfologia.
In conclusione possiamo affermare che l’analisi di una forma del paesaggio non può mai essere banalizzata al semplice fascino estetico, poiché sono proprio i diversi fattori che caratterizzano un’area a dargli il valore di unicità e di bellezza.
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