Giochi de le Porte, un excursus nella storia e nel fascino senza tempo della rievocazione storica simbolo di Gualdo Tadino. Raccontata da una gualdese doc (per le foto si ringraziano Sofia Raggi e Christian Severini).
Gualdo Tadino è una piccola perla incastonata tra i monti dell’Appennino umbro marchigiano.
Nota per le sue ceramiche e la ricchezza naturalistica, rappresenta il simbolo del buon vivere umbro, appartata e lontana dai clamori mondani e dall’urbanizzazione selvaggia.
Proprio in questo angolo di pace e tranquillità, durante l’ultimo weekend di settembre, ogni anno da quasi mezzo secolo, rivive l’antico “pallium decurrendum” in onore del Santo Patrono della città Michele Arcangelo.
In un caleidoscopio di colori e impressioni settembrine, 4 Porte, corrispondenti ad altrettante zone territoriali, si sfidano portando nell’Arengo maggiore un clima festaiolo di rara bellezza.
I Giochi de le Porte.
Le giornate della festa
Tre giorni di incanto e suggestione che accolgono visitatori e curiosi in un abbraccio che difficilmente dimenticheranno.
Si inizia il Venerdì con l’apertura delle Taverne e il corteo dei tavernieri, che dilettano la piazza con i sapori antichi del territorio, pignolamente abbigliati e acconciati secondo i dettami del periodo.
Cibo, vino, braci accese, frutti e ortaggi, sorrisi, colori, canti e abbracci. Tutto è festa e amicizia, all’imbrunire.
È il giorno in cui ogni cosa ha inizio e la gioia diventa incontenibile.
Giusto il tempo di ristorarsi nei locali magnificenti che ospitano le quattro taverne e già l’orecchio cattura il suono deciso e infervorante dei tamburi in lontananza, che si esibiscono in Piazza Martiri contendendosi l’applauso più fragoroso.
A seguire, e non per caso ma per degna conclusione di una giornata da ricordare, arrivano i festanti sbandieratori e i musici della città, uniti in uno spettacolo di sapiente arte e maestria.
Al sabato la meraviglia raddoppia, forse triplica, quintuplica.
Ad aprire il magico giorno arriva il gruppo balestrieri città di Gualdo Tadino, il vincitore della competizione avrà l’onore di sfilare con il drappo che verrà assegnato l’indomani alla Porta vincitrice.
Ed ecco che al volgere della sera, oltre 1000 figuranti in costume d’epoca avviano il ricco corteo storico, fulgido esempio di rievocazione storica che ricostruisce fatti, elementi culturali, antropologici, allegorici e artistici del xv secolo d.c.
Nobili e Madonne, popolani e faccendieri, frati e contadini, cavalieri e armigeri, carri e mestieri, stoffe pregiate e ruvidi cenci. Luci, fumi, suoni e meraviglie.
È spettacolo senza eguali a Gualdo Tadino, la bellezza vive e accende ogni piazza, via, palazzo, volto. Il rullo dei tamburi accompagna ogni gesto, passo, costume.
L’incanto sovrasta l’emozione.
Il gran finale
Ma è la domenica che tutto si compie. È la domenica che suggella il valore del vincitore.
Quattro gare, quattro arcieri, quattro frombolieri , quattro auriga, quattro frenatori, quattro fantini e quattro somari.
È lui il protagonista: lo somaro.
Lo somaro che è simbolo e forza di un popolo intero. Lo somaro che trascina, emoziona, rapisce e appassiona. Lo somaro che corre, che smusa, che scruta, che vince o perde ma con fierezza e austerità.
Lo somaro che commuove, lo somaro che resuscita una piazza intera se ammutolita dopo la terza gara.
È lui, umano e animale, sacro e profano, a raccontarci questa epopea cittadina che si rinnova negli anni e sempre resiste.
L’epilogo del giorno ammanta l’arengo con il rogo della “bastola”, antica nemica della Gualdo del passato.
La festa continuerà per tutte le vie, tra sorrisi e cocenti delusioni, tra lacrime e abbracci, tra fede e lealtà.
È l’amicizia a trionfare nell’oscurità della notte, tra vinti e vincitori lo spazio di un anno che passerà e tornerà a ricordare che i Giochi de le Porte non moriranno mai.
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