Il più antico verso della poesia italiana è stato scoperto ieri in Germania.
Si tratta del verso “Fui eo, madre, in civitate, vidi onesti iovene”, annotato probabilmente a memoria da un monaco tra la fine del IX secolo e l’inizio del X, a margine di un manoscritto del secolo VIII ora conservato a Würzburg.
Il più antico verso della poesia italiana? Una scoperta “made in Umbria”
La scoperta è stata fatta dallo storico della lingua italiana Vittorio Formentin, professore del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine, e dal paleografo Antonio Ciaralli, professore dell’Università di Perugia.
A fine giugno un saggio di approfondimento sul testo poetico uscirà sulla rivista “Lingua e Stile”. Questa ‘traccia poetica’ consiste nel verso iniziale di una ‘chanson de femme’, una forma lirica nella quale il canto è intonato da una giovane voce femminile: “un genere che ha occupato sicuramente un posto molto importante nell’antica lirica romanza e che è sopravvissuto fino ad oggi nella poesia popolare moderna di tradizione orale”, sottolineano gli studiosi autori del ritrovamento.
Si tratta di un prezioso contributo alla ricostruzione di quello che dev’essere stato il prototipo altomedievale (secoli VI-IX) della lirica romanza, la cui genesi è controversa a causa della mancanza, finora almeno, di testi superstiti.
La spiegazione filologica del ritrovamento
“La discussione dei filologi sulle origini della lirica romanza – spiegano Formentin e Ciaralli – è stata molto accesa, ma c’è sempre stato un sostanziale accordo nel riconoscere la centralità, in questo processo, della chanson de femme, un tipo poetico che molti indizi comparativo-ricostruttivi hanno indotto a porre, sia pur ipoteticamente, all’inizio della lirica romanza”.
L’identificazione del verso di Würzburg conferma l’esattezza di questa ipotesi. “In effetti, metrica, lessico e tema – evidenziano Formentin e Ciaralli – trovano riscontri letterali in molti componimenti romanzi del Basso Medioevo, in particolare nelle ‘cantigas de amigo’ galego-portoghesi del XIII e XIV secolo, anticipandoli però di parecchio”. La datazione della nuova ‘traccia’ dimostra perciò l’esistenza, nell’Alto Medioevo, di un comune serbatoio lirico protoromanzo di carattere popolare.
“Importantissimo è poi – evidenziano Formentin e Ciaralli – l’aspetto linguistico: l’uso del plurale asigmatico ‘onesti iovene’ in funzione di oggetto diretto dimostra che il verso è stato scritto in una varietà italoromanza. Questo lo rende al momento la più antica testimonianza poetica della nostra tradizione letteraria”. Il ritrovamento del verso e il suo successivo studio rientrano nelle attività del Progetto di rilevante interesse nazionale (Prin) “Chartae Vulgares Antiquiores”, coordinato da Vittorio Formenti.
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